20x25cm
Timbro a secco della collezione | embossement
Stampa fine art su carta Canson Platin | Fine-art print on Canson Paltin Paper
Dal comunicato stampa della mostra Shameless and Smiling Bettie
Milano, galleria Expowall (2017)
From the press clipping of the exhibition Shameless and Smiling Bettie
Milan, Expowall Gallery (2017) for english translation ask sgallery@sgallery.it
Delle quasi cinquecento fotografie della raccolta, Maurizio Rebuzzini insieme al figlio Filippo, ha operato una selezione per la mostra Scabrosa e sorridente Betty Page. Maurizio Rebuzzini ha acconsentito alla produzione di una serie di copie autentiche di alcune di queste immagini ora in vendita su questo sito.
Sempre attribuite a Irving Klaw, le più note fotografie di Betty Page, quelle che ne hanno avviato il mito, furono invece scattate dalla sorella Paula al 212 east, 14th street, New York. Ufficialmente indirizzato verso la produzione di Pin-up Photos, ma più esplicitamente interprete di una pornografia a buon mercato, lo studio fotografico era gestito da Irving Klaw che ne gestiva l’infrastruttura, i rapporti commerciali, le vendite dirette e per corrispondenza e affrontava le controversie legali avviate dalla campagna moralistica dell’intransigente senatore Estes Kefauver. In sala di posa, Paula Klaw produceva immagini scabrose, destinate a un pubblico voglioso di erotismo esplicito; tra queste sono sopravvissute quelle di Betty Page.
Il merito di questa precisazione va al film-biografia The Notorious Bettie Page (2005) che ha avuto enorme successo negli Stati Uniti. Per mille motivi, sicuramente tutti leciti, The Notorious Bettie Page non è approdato alle sale italiane; presentato al Festival del Cinema di Torino nell’autunno 2006, nel nostro paese non è andato oltre sporadiche programmazioni nei canali televisivi a pagamento). The Notorious Bettie Page (regia di Mary Harron, su sua sceneggiatura scritta a quattro mani con Guinevere Turner; Gretchen Mol protagonista) ha dato quindi merito a Paula Klaw, al suo essere stata fotografa capace di anticipare espressività visive che altri avrebbero abilmente messo a frutto, nei decenni a seguire.
Betty Page non era bellissima né travolgente; era anche oggettivamente bassa con fianchi larghi (le fotografie meno riuscite dell’epoca denunciano e rivelano tutte queste imperfezioni), ma sapeva posare, era allegra e trasmetteva una leale e trasparente carica erotica, addirittura unica. Posava sia nei Camera Club, circoli per fotografi non professionisti, sia nella sala di posa nella quale Irving e Paula Klaw producevano immagini maliziose e scabrose, commercializzate attraverso circuiti di vendita per corrispondenza sostanzialmente furtivi, occulti, sul filo della legalità.
Ai tempi malvisto dalla cultura puritana anglosassone, tanto da essere perfino indagato dall’Fbi, che lo accusò di traviare la gioventù (e più precisamente di favorire, con le sue immagini, la vendita di giubbotti in pelle e coltelli a serramanico), oggi Irving Klaw è considerato un maestro e un caposcuola. Però, come rivelato, era la sorella Paula che fotografava: dunque è a lei che vanno attribuiti tutti gli eventuali meriti.
Attenzione: non si tratta di fotografia raffinata e ben composta, come quella della moda e di altre applicazioni professionali in sala di posa. La tecnica fotografica di Paula Klaw era primitiva e semplificata -un colpo di flash e via-, lo studio era indigente e rimediato -un tavolinetto, una tenda, un divanetto e niente più-, la sua fantasia era misera; nonostante questo, e nonostante la limitatezza delle sue idee, ha preso forma una miscela esplosiva, che ha proiettato le proprie influenze avanti nei decenni. A conti fatti, la fotografia di Paula Klaw ha ispirato una genìa di interpreti dell’erotismo moderno: dalla fotografia di genere alla fotografia di moda (Horst P. Horst, Paul Outerbridge, Erwin Blumenfeld, Helmut Newton), al fumetto, all’illustrazione, al cinema.
Merito di tutto è proprio Betty Page, che ha interpretato talmente bene le modeste sceneggiature (sceneggiate?) di Paula Klaw da far precipitare in secondo piano tutta la povertà della sua fotografia. Ragazza solare (della porta accanto?), davanti all’obiettivo Betty Page si trasformava in seducente maliarda, che indossava con disinvoltura audaci guêpière e improbabili guarnizioni in pelle. Sia presentandosi per se stessa, in biancheria intima che oggi possiamo definire abbondante (nelle dimensioni), sia interpretando le più acrobatiche situazioni bondage (sottomissione oggettivamente casereccia, fatta di fibbie, lacci e brividi assolutamente improbabili), Betty Page domina la scena e l’inquadratura. Il suo è stato un successo travolgente, durato sette anni, dal 1950 al dicembre 1957, che raggiunse il proprio apogeo nel gennaio 1955 grazie al paginone centrale di Playboy realizzato da Bunny Yeager.
Nata il 22 aprile 1923 Bettie Mae Page è mancata l’11 dicembre 2008, a ottantacinque anni. Autoesiliatasi, dopo le stagioni di palcoscenico fotografico è vissuta in California e si è completamente estraniata dal proprio mito, che è nato sostanzialmente per caso e che si è alimentato soprattutto alla fonte del mistero della sua scomparsa. Betty Page racconta che la sera di San Silvestro del 1957 una serie di coincidenze le procurarono una crisi mistica, per la quale abbandonò la ribalta fotografica nella quale si era definitivamente affrancata. Tagliati i ponti con il proprio più recente passato, sparita dalla scena dalla sera alla mattina, ha vissuto un’esistenza sobria e tranquilla, lontana dai clamori che nel frattempo erano sorti attorno la sua personalità.
Nell’introduzione a Betty Page Confidential, monografia illustrata pubblicata nel 1994 da St. Martin’s Press, New York, Buck Henry ricorda: «La prima volta che la vidi, fu alla metà degli anni Cinquanta. Stavo in piedi fuori del palazzo della 14th street sulla cui facciata era dipinta la gigantesca scritta ‘Irving Klaw Pinup Photos’. Una porta si aprì, e lei uscì sulla strada. Uomini e donne si voltavano per guardarla, per guardare la nera, nera, nera frangia dei capelli proprio sulla fronte. E, naturalmente, il sorriso. Era il sorriso che ti spezzava il cuore».
Parte del comunicato stampa è un riadattamento per la mostra Scabrosa e sorridente Betty Page del testo scritto da Maurizio Rebuzzini apprezzabile per intero a questo link http://www.mauriziorebuzzini.it/bettypage.html
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